sabato 28 dicembre 2013

Walden o vita nei boschi 3


continua dal post del 13 settembre

Walden come è oggi
Eccoci nuovamente a scorrere tra le pagine di "Walden o vita nei boschi" per scoprire alcune delle brillanti osservazioni di Henry David Thoreau sull'agricoltura, sull'architettura e sul cibo.
Interessante ad esempio quel che dice in merito alla coltivazione dei campi: le stesse cose sarebbero state suggerite da Rudolf Steiner nelle sue conferenze a Dornach negli anni venti del secolo successivo, conferenze da cui sarebbe poi sorto il movimento dell'agricoltura biodinamica.

Sull'agricoltura
"L'anno dopo feci ancor meglio, perché vangai tutto il terreno che mi occorreva, cioè quasi un terzo di acro e, sempre dall'esperienza di ambedue quegli anni, e per nulla intimorito dai molti e lodati libri di agricoltura, imparai che se ognuno vivesse in semplicità e consumasse solo il proprio raccolto senza coltivarne più di quanto non ne mangi, o senza cambiarlo con una insufficiente quantità di cose più costose o di lusso, basterebbe coltivasse solo poche pertiche di terra; imparai anche che gli sarebbe più conveniente vangare invece che arare con i buoi, e scegliere di volta in volta un terreno nuovo invece di concimare quello vecchio; desidero parlare di ciò imparzialmente e come colui al quale non importa nulla del successo o del fallimento degli ordinamenti economici e sociali attuali. Ero più indipendente di qualsiasi contadino di Concord, perché non ero ancorato a una casa o a un campo, ma ogni istante potevo scegliere l'inclinazione del mio genio, che è piuttosto mutevole. E, oltre a essere in migliori condizioni economiche di loro, anche se la casa si fosse bruciata e il raccolto fosse stato cattivo, sarei stato quasi altrettanto ricco di prima.
Mi viene di pensare che non sono tanto gli uomini i guardiani delle greggi, ma le greggi guardiane degli uomini, perché quelle sono molto più libere di questi."

Sull'architettura
"Non dovrebbero le nazioni cercare di rendersi immortali non con la loro architettura ma con la forza del pensiero astratto? Quanto più degno di ammirazione di tutte le rovine dell'Oriente è il Bhagvat-Gita! Torri e templi sono lussi di principi. Una mente semplice e indipendente non perde tempo agli ordini di nessun principe. Il genio non è seguace di nessun imperatore, né il materiale su cui opera è argento, oro o marmo, se non in misura insignificante. A qual fine si lavorano tante pietre! Le nazioni sono invasate dall'insana ambizione di perpetuare il ricordo di se stesse con l'ammasso di pietre scolpite che lasciano. Non sarebbe meglio se le stesse preoccupazioni le rivolgessero al raffinare e migliorare i costumi? Un po' di buon senso sarebbe più degno di essere ricordato che non un monumento alto quanto la luna. Preferisco vedere le pietre al loro posto. La grandezza di Tebe era una grandezza volgare. Un muro di pietre che limiti il campo di un onest'uomo ha più senso delle cento porte di una Tebe che abbia deviato dal vero fine della vita.
Quanto alla religione e all'amore dell'arte dei costruttori, è lo stesso dovunque, sia che l'edificio sia un tempio egiziano o la banca degli Stati Uniti. Costano più di quanto producono. Il movente principale è la vanità unita all'amore per lo stomaco pieno. Molti si interessano ai monumenti orientali e occidentali, per sapere chi li ha costruiti. Io invece vorrei conoscere chi, in quei tempi, non li costruì, cioè sapere i nomi di coloro che erano superiori a tali frivolezze."

Sul cibo
"Dai miei due anni di esperienza, imparai che procurarsi il cibo necessario costerebbe pochissima fatica anche a questa latitudine; e che per conservarci in forza e in salute, possiamo mantenere la semplice dieta degli animali. Ho fatto una colazione soddisfacente sotto ogni punto di vista con un piatto di portulaca (portulaca oleracea), che raccolsi nel mio campo di grano, e che bollii e salai. Ne do il nome latino in conto del gradevole sapore e del nome volgare. E adesso ditemi: cosa può un uomo ragionevole, in tempi pacifici e in mezzogiorni normali, desiderare di più di un numero sufficiente di spighe di grano verde e dolce, bollito con un po' di sale?

............Dapprima feci il pane con pura farina di granoturco e sale, certe focaccette che cuocevo al fuoco sull'uscio di casa, sopra una tavola di legno che avevo segato costruendomi la casa; però il pane sapeva di fumo e si impregnava di odor di resina. Provai anche fior di farina; ma alla fine trovai che la farina di segala, mescolata a farina di granoturco, era molto più gustosa e adatta. Era un grande piacere nella stagione fredda cuocerne parecchi filoncini di seguito, muoverli e rivoltarli con cura, come un egiziano farebbe con le sue uova di covata. Erano un vero prodotto cereale, che io stesso maturavo, e per me avevano la stessa fragranza dei frutti più nobili, fragranza che conservavo più che potevo, avvolgendo il pane in un panno. Feci uno studio sull'antica e indispensabile arte della panificazione, consultando tutte le autorità in materia, risalendo alle epoche primitive e alla prima scoperta del pane non fermentato, quando dal cibo selvaggio delle noci e delle carni gli uomini giunsero a ottenere per la prima volta questo raffinato e gustoso alimento, e procedendo per gradi - miei miei studi - scesi all'epoca in cui si scoprì casualmente come inacidire la pasta, che si suppone abbia insegnato il processo di lievitazione e giunsi (attraverso tutte le altre fermentazioni successive) al pane "buono e dolce e sano" che è sostegno della vita. 

Il lievito, che alcuni dicono sia l'anima del pane, lo spiritus che riempie il suo tessuto cellulare, e che è religiosamente conservato come il fuoco di Vesta, questa semente io me la procuravo regolarmente e fedelmente al villaggio, finché una mattina dimenticai le regole e sciupai il lievito con acqua bollente; con ciò mi accorsi che esso non era indispensabile e dal allora in poi ne ho fatto volentieri a meno, sebbene molte massaie mi abbiano vivamente assicurato che senza lievito non può esserci un pane sano e igienico, e persone d'età mi abbiano predetto un rapido deperimento delle mie forze vitali. Tuttavia io non lo trovo un ingrediente essenziale, e - un anno ormai che ne faccio a meno - sono ancora su questa terra e contento di essermi liberato della seccatura di portarmene in tasca una bottiglia piena che, per mia disgrazia, ogni tanto scoppiava e mi si versava addosso. Non usarlo è, dunque, più semplice e più comodo. L'uomo è un animale che più di ogni altro può adattarsi a tutti i climi e a tutte le circostanze. Nè misi nel pane un po' di sale, soda o altri acidi o alcali. Sembra quasi che io l'abbia fatto secondo la ricetta che Marco Porcio Catone diede circa due secoli prima di Cristo: "Panem depsticium sic facito. Manus mortariumque bene lavato. Farinam in mortarium indito, aquae paulatim addito, subigitoque pulchre. Ubi bene subegeris, defingito, coquitoque sub testu".
Credo che voglia dire: "Impastate il pane così: lavate bene le mani e il recipiente. In questo mettete poi farina, su cui verserete gradualmente dell'acqua, e impastate bene il tutto; una volta impastato, dategli forma, e cuocetelo sotto un coperchio", cioè una tortiera. Nessun accenno al lievito. 




Finita la trascrizione di questa parte del libro di Thoreau, vorrei aggiungere il mio contributo per quanto riguarda l'uso del lievito nella panificazione.
Mi è difficile capire dalle parole scritte nel libro, a quale lievito l'autore faccia riferimento, se il lievito di birra o quello di pasta acida, il lievito madre.
In ogni caso la mia esperienza mi ha insegnato che l'intestino è un organismo delicato che va trattato con cura; esso produce un "suo lievito", la flora batterica, il cui equilibrio viene sempre turbato da numerosi agenti esterni, primo fra tutti il lievito contenuto nei prodotti da forno. Ma un conto è il lievito che è il prodotto naturale della fermentazione della farina e dell'acqua, un altro conto è il lievito di birra aggiunto dai panettieri o dai panifici industriali; la principale differenza che ho riscontrato è che quello di birra ha una capacità di fermentazione e lievitazione molto più intensa e veloce che continua all'interno del nostro organismo anche grazie a una temperatura favorevole.
Quali sono i disturbi che crea e come possiamo accorgerci se a noi sta procurando problemi?
Un sintomo comune è quello della digestione difficile e più lunga del normale, accompagnata a volte da sonnolenza, scarsa capacità di concentrazione, mal di capo e a volte nausea. Poi in genere si presenta gonfiore del ventre e flatulenza intestinale dall'odore molto sgradevole.


Il mio suggerimento è di evitare con cura ogni prodotto da forno che contenga lievito di birra, scegliendo invece quelli che contengono lievito naturale a pasta acida detto anche lievito madre.

Enrico D'Errico

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